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“La rabbia che ci attraversa: comprendere e accogliere un’emozione spesso fraintesa.”
“La rabbia di mio figlio non riesco più a gestirla”.
“Sono arrabbiata con mia madre.”
“Sono arrabbiata con il mio datore di lavoro.”
Queste sono alcune delle frasi che sento spesso in terapia. La rabbia, rivolta verso un familiare o una persona con cui abbiamo un legame emotivo, è un’emozione che può emergere fin dall’infanzia e accompagnarci nell’età adulta. Se non la riconosciamo, se non ne parliamo, se non le diamo voce – come direbbe la bioenergetica – finiamo per trattenerla nel corpo, facendo male a noi stessi e alle persone vicine.
Quando parliamo di emozioni, emergono molti interrogativi: sono innate o apprese? Come si attivano? Come si esprimono? Le emozioni sono generalmente considerate il risultato dell’interazione tra modificazioni fisiologiche e processi psicologici.
Comprendono tre componenti fondamentali: neurofisiologica, biochimica e comportamentale.
Secondo Strongman, le emozioni:
sono un sistema che interagisce con altri sistemi;
mostrano somiglianze e differenze tra loro;
si distinguono in emozioni primarie (innate) e secondarie (acquisite);
possono cambiare qualità se raggiungono un’elevata intensità;
sono portatrici di motivazione ed energia;
sollevano dubbi sulla possibilità di essere completamente controllate. Campos propone di descrivere le emozioni in termini funzionali. Secondo lui:
regolano i processi psicologici interni;
influenzano i comportamenti sociali e interpersonali;
si distinguono dalle risposte istintuali grazie a specifiche espressioni facciali, vocali e gestuali;
diventano una forza organizzatrice e propulsiva dei pensieri e delle azioni. Izard individua cinque criteri per considerare un’emozione “fondamentale”:
uno specifico substrato neurale;
una distinta configurazione di espressioni facciali;
una qualità emotiva consapevole;
origine biologico-evolutiva;
funzioni adattive, organizzative e motivazionali.
Il bambino piccolo manifesta aggressività quando non riesce a comunicare né con il corpo né con le parole. È solo con l’arrivo del linguaggio e della consapevolezza che può trasformare l’aggressività in espressione. La mimica cerca un volto che accolga, che riconosca l’emozione, e attraverso questo scambio si crea comprensione.
Per il bambino, l’aggressività può anche essere un modo per attirare l’attenzione o sperimentare la forza dell’altro. L’adulto, invece, spesso non ha imparato a gestire la propria aggressività emotiva: comprenderla implica andare oltre i contenuti consci e ascoltare anche ciò che arriva dall’inconscio.
Che cos’è la rabbia?
La rabbia è un’emozione utile alla sopravvivenza. È momentanea, non un tratto stabile della personalità. Ha un processo: inizia, cresce, si manifesta e si esaurisce. Provoca alterazioni a diversi livelli – neurofisiologico, cognitivo, emotivo e comportamentale – che si riflettono nelle espressioni, nei gesti, nella voce.
Psicologicamente, la rabbia è un’alterazione dello stato psichico, innescata da provocazioni, offese, critiche, indifferenza, abbandono, tradimento, ostacoli al raggiungimento di un obiettivo. È un’esplosione che scardina l’equilibrio interno, un impulso che cerca immediata scarica per ristabilire la calma.
Quando la rabbia prende il sopravvento, la mente si annebbia. Il corpo parla: occhi fissi, mascella serrata, voce forte, mani agitate, tensione muscolare, colorito acceso o pallido. Comprendere come si manifesta la rabbia nel corpo è il primo passo per riconoscerla e gestirla.
La rabbia può essere una cattiva consigliera, soprattutto in momenti decisionali. Prima di agire, è importante chiederci:
Quanto è intensa la mia rabbia? Dove la sento nel corpo? Verso chi è diretta? Come posso canalizzarla senza danneggiare me stesso o gli altri?
Lavorare con la rabbia in terapia
In psicoterapia, la rabbia viene accolta come un messaggio da decodificare, non come un’emozione da eliminare. Il lavoro terapeutico parte spesso dal riconoscimento: imparare a dare un nome a ciò che si sente, esplorare i contesti in cui la rabbia emerge e comprenderne le radici.
Strumenti utilizzati in terapia:
Psicoeducazione emotiva: comprendere la funzione e il ciclo della rabbia.
Lavoro corporeo e bioenergetico: localizzare e scaricare l’emozione nel corpo.
Analisi delle relazioni significative: capire il ruolo della rabbia nelle dinamiche familiari e affettive.
Dialogo con le parti interiori: dare voce ai conflitti interni che generano rabbia.
Tecniche di regolazione emotiva: respirazione, mindfulness, scrittura espressiva. La terapia non elimina la rabbia — la integra. Aiuta la persona a trasformarla in
un’energia consapevole, capace di proteggere, orientare, affermare. Perché la rabbia, se ascoltata, può diventare una guida.
Dott.ssa Filomena Lopez
Psicoterapeuta – Neuropsicologa
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